martedì 31 maggio 2016

La fine di un ladro.

Dopo una lunga attesa e qualche rinvio finalmente Uncharted 4 è entrato nelle nostre console desideroso di mostrare il suo valore. Da fan della saga temevo che il successo di The Last of Us potesse portare gli sviluppatori di Naughty Dog ad apportare delle modifiche alla saga di Nathan Drake cercando di duplicare quel successo snaturando un intera saga. Beh un pò l'influenza c'è ma per fortuna hanno fatto bene i compiti e sono riusciti a rimanere fedeli potenziando ciò che la loro serie d'avventura più famosa potesse offrire. Vediamo allora quali sono i pregi e i difetti dell'opera magna di una delle case di sviluppo più adulate e rispettate dei nostri tempi.

Il gioco ci butta subito in mezzo all'azione citando l'inizio del primo Uncharted e allo stesso tempo replicando un pò quanto fatto nel secondo episodio, in quello che scopriamo essere un flashforward. I primi 3 capitoli infatti fungono da tutorial ma anche da anteprima all'intera vicenda mostrandoci eventi accaduti in anni differenti e introducendo personaggi e argomenti che poi ritroveremo e si svilupperanno per il resto del gioco. Per questo motivo risultano molto più lenti rispetto al resto. La trama avanza poi spedita con momenti sempre interessanti e coinvolgenti, dialoghi all'altezza e spettacolarità come ormai ci hanno abituato nel corso degli anni. La storia di questo capitolo trae molta ispirazione da alcuni film e romanzi famosi ma non per questo è meno affascinante, anzi forse proprio per questo la possibilità di viverla direttamente rende l'esperienza unica. Manca l'elemento sovrannaturale presente negli scorsi episodi purtroppo, ma non se ne sente troppo la mancanza poichè viene sostituito da alcune sezioni davvero ispirate e da uno svolgersi della narrazione molto valido anche se un colpo di scena di quel tipo personalmente non mi sarebbe dispiaciuto e visti i precedenti un pò ce lo si aspettava.


Un grande cambiamento nella struttura di questo nuovo capitolo è dato dalla decisione di mantenere lo stile dei precedenti Uncharted inserendo allo stesso tempo ambientazioni molto più ampie da esplorare. Questo ha avuto come conseguenza cali di ritmo dovuti al continuo girovagare a vuoto alla ricerca di tesori che non sono segnalati nè su una mappa e nemmeno raccoglibili quando si vuole ma solo in determinati momenti e cercando nei posti giusti. La maggior libertà di esplorazione quindi ha da una parte reso possibile l'avventurarsi in luoghi più belli da vedere e visitare ma essendo altrettanto "vuoti" li ha anche resi un pò noiosi da attraversare, diluendo di molto il ritmo. Se si gioca andando spediti e lasciando perdere la ricerca di collezionabili il gioco scorre molto meglio risultando meno lento e più avvincente. Hanno quindi lasciato la libertà di godersi l'avventura a piacimento senza cercare di rendere l'esplorazione utile ai fini dello svolgimento del gioco. C'è da dire però che i collezionabili fanno guadagnare punti spendibili per sbloccare varie chicche di cui parlerò più avanti, quindi per i completisti non c'è molta scelta.


Un elemento inserito molto bene è la presenza degli enigmi. Non perchè siano particolarmente numerosi o difficili da risolvere, ma perchè sono davvero molto ben contestualizzati e hanno il sapore tipico del mistero e dell'antico. Il fatto che Nathan utilizzi oltre al suo immancabile diario di viaggio, strumenti moderni, come ad esempio il suo smartphone, durante lo svolgimento di alcuni di essi, riesce a strappare un sorriso e a rendere attuali e realistiche le azioni dei protagonisti.


Qualche novità è stata inserita anche dal punto di vista del gameplay. E' possibile ad esempio usare maggiormente lo stealth per far fuori interi gruppi di nemici silenziosamente. Questo cambia davvero molto l'approccio rispetto ai precedenti giochi perchè diluisce ancora di più il ritmo, ed essendoci molta esplorazione, superare gli scontri in modo così poco adrenalinico fa sembrare quasi che non ci siano stati affatto rendendoli di fatto meno presenti e incisivi rispetto ai giochi precedenti, dove molto spesso erano ben coreografati e organizzati sfruttando appieno le location per renderli unici e divertenti. Il fatto di dare la possibilità di eliminare tutti silenziosamente se si è bravi ha influito quindi sul level design rendendo le zone più aperte e meno studiate, trasformando di conseguenza le sparatorie in combattimenti abbastanza classici, tra coperture che saltano e rotolate qua e là cercando riparo. Anche in questo caso quindi hanno voluto lasciare libertà di approccio, rinunciando però ad alcuni fattori peculiari di questa serie, così chi vuole giocare alla maniera dei vecchi Uncharted può farlo, chi invece vuole assaporare qualcosa di diverso ne ha la possibilità.


Un altra introduzione è la corda con gancio che impariamo ad usare per la prima volta in un flashback per poi vedere Drake continuare ad usarla per il resto del gioco, anche se, guarda caso, per i 3 giochi che si intermezzano tra quel flashback e questo quarto capitolo lui non l'ha mai usato e non ne ha mai avuto bisogno. Questo ne rende molto evidente e forzato l'inserimento. In questo caso sarebbe bastato non introdurlo in un flashback, ma costringere i protagonisti a servirsene per la prima volta in un momento di reale bisogno per rendere le cose più coerenti. Inoltre anche qui come nel recente Tomb Raider gli improbabili appigli dove potersi appendere con il gancio sono segnalati con della corda avvolta risultando ovviamente fuori contesto. A metà gioco inoltrato viene poi introdotto il piolo di ferro e da lì in poi troveremo delle particolari pareti su cui è indispensabile usarlo per poter continuare ad arrampicarsi. Ci sono quindi alcuni elementi di puro game design che cozzano con la coerenza visiva e narrativa anche se sono stati bravi a cercare di mimetizzarli il più possibile.
 

Graficamente Uncharted 4 è allo stato dell'arte. Il modello poligonale di Nathan è incredibilmente realistico ed espressivo così come il resto dei personaggi, cattivi inclusi, tutti animati altrettanto bene. Ma è nelle ambientazioni che si rimarrà a bocca aperta più e più volte per l'incredibile livello di dettaglio e per il gusto artistico che trasuda da tutte le location che si visiteranno, siano queste una polverosa soffitta o un arcipelago del Madagascar, fino alle più recondite rovine perdute, fondali marini inclusi. Troviamo quindi tanta varietà di ambienti con molta frequenza. Immaginare molte di queste location inserite in qualsiasi altro gioco fa viaggiare la fantasia per le infinite possibilità che gli sviluppatori di Naughty Dog potrebbero realizzare, facendo venire l'acquolina in bocca al solo pensiero. 


Una cosa che ogni tanto si nota e che non ho apprezzato tantissimo, è che stilisticamente gli autori hanno preso a piene mani da The Last of Us in diverse situazioni. Giusto per fare un esempio lampante basti pensare al menu iniziale identico, tale e quale dove cambia solo l'immagine di sfondo, ma per il resto è ugualmente silenzioso, come a voler trasmettere una qualche sensazione che anche se in TLOU poteva avere senso in Uncharted non trova molto il suo posto. Ho preferito di gran lunga i menu iniziali dei capitoli precedenti, dove la cara vecchia colonna sonora dava la carica prima di riprendere la propria avventura.


Altra influenza da TLOU la subisce proprio la colonna sonora che è stata modificata rendendola più dark con l'aggiunta di tonalità cupe che una volta fatto l'orecchio è anche parecchio bella ma come accennato non è nemmeno possibile sentirla nel menu principale come i precedenti, ma solo un paio di volte in totale. Per tutte le prime ore di gioco poi, prima della comparsa della sigla iniziale, la musica è praticamente assente e anche nel resto del gioco accompagna per lo più scene narrative o le fasi di combattimento scomparendo quasi del tutto durante l'esplorazione, forse per aumentare l'immersività.


Dal punto dei vista dei contenuti siamo ben oltre le aspettative. La campagna single player è forse la più longeva della trilogia, con tantissimi tesori, pagine di diario e annotazioni da trovare nonchè conversazioni facoltative che è possibile perdersi per strada. Una volta concluso il gioco poi si sbloccheranno vari bonus acquistabili con i punti guadagnati ritrovando i vari collezionabili. Si va dalla possibilità di scegliere delle skin fisse per i personaggi che potranno essere equipaggiate e tenute per tutto il resta di una nuova partita, alla galleria dei modelli dei personaggi, il posto giusto dove ammirare tutta la grandiosità e il dettaglio dei modelli poligonali. Abbiamo poi una grossa galleria di bozzetti divisi per capitoli, la possibilità di comprare armi equipaggiabili durante i livelli a piacimento e una serie di modificatori sia grafici, Cel shading e 8 bit ad esempio, sia di gameplay, come le modalità senza gravità e rallentamento che cambiano le carte in tavola durante gli scontri a fuoco e invogliano a ricominciare subito il gioco per testare tutto il possibile. Come se non bastasse è presente anche la modalità multiplayer che, a chi è appassionato di partite online, porterà via ancora più tempo in compagnia dei personaggi tanto amati.


In definitiva, tra scorci indimenticabili, arrampicate improbabili, luoghi meravigliosi ed avvenimenti incalzanti, questa ultima avventura scorre piacevolmente riuscendo di fatto a trasmettere emozioni uniche che rimangono ben impresse nella mente. Per come la vedo io, Uncharted 4 è un tributo, un gesto d'amore e di affetto verso i fan e anche verso i protagonisti di queste avventure che ci hanno accompagnato negli ultimi anni e che sono cresciuti, proprio come noi, invecchiando e maturando. Guardando i titoli di coda, durante i quali finalmente risentiamo la fantastica colonna sonora della saga per la seconda e ultima volta in tutto il gioco (sempre nella nuova versione più maliconica), non potrete fare a meno di lasciar scendere una lacrimuccia mentre ripenserete a tutte le esperienza vissute insieme a Nate & co. e a quanto già vi mancano. Grazie Naughty Dog, grazie per aver concluso questa magnifica saga in modo metitevole, senza stravolgerne troppo l'anima, ma anzi aggiungendovi quel pizzico di personalità in grado di renderla immortale.

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